Marco Culeddu, lungo il Guà una cucina con 6 tipologie di pesce

Acquacoltura Giovane

Per un giovane chef nato nel 1991, parlare di ricordi fa strano. Eppure, la passione per il cibo e la materia prima di Marco Culeddu è iniziata presto: «Il primo ricordo in assoluto del pesce in cucina è di quando era ancora un bambino, e con mio fratello molto appassionato di pesca andavamo a pescare direttamente in un lago naturale vicino casa mia, quindi tornando a casa con un paio di esemplari di carpa mio padre accendeva il barbecue, ed una volta pulita perfettamente e condita in modo molto semplice, quindi erbe aromatiche e qualche fetta di limone, lasciavamo cuocere la carpa sui carboni, ricordo stupendo che ancora porto dentro di me, tra profumi e sapori che vado di man in mano a riportare sulle tavole degli ospiti dove faccio lo chef», racconta il giovane cuoco. Originario di un paesino in provincia di Reggio Emilia, Marco Culeddu è il nome alla guida dell’Osteria del Guà a Bagnolo di Lonigo (VI). Il ristorante sorge al coperto della Barchessa di Villa Pisani, relais aperto nel 2017, con 15 stanze nel corpo centrale, un villino a parte e un appartamento favoloso nella stessa villa palladiana, dove abita anche la proprietà. Il nome? Anche qui un riferimento all’acqua: il Guà è il vicino fiume che scorre da Tezze di Arzignano a valle.

Luoghi ideali per l’acquacoltura, le cui produzioni diventano sempre più interessanti per chi cerca un prodotto da fine dining: «Negli ultimi anni la qualità è aumentata di molto ed il mio giudizio per tanto è molto positivo, chiaro è che un pesce catturato all’amo, quindi selvatico ha un passo in più in termini di gusto e pienezza, ed è altrettanto chiaro che quando mi è possibile cerco proprio quel tipo di prodotto», ammette Culeddu. L’importante è saper comunicare al meglio la scelta: «Nel corso degli anni, l’interesse della clientela verso la materia prima è diventato un fattore fondamentale dell’esperienza al ristorante. Aumentano le domande sulla provenienza, si come e in che modo degustare la varie carni, se il prodotto arriva da un allevamento ittico, ecc. D’altronde, tutti noi siamo ormai più attenti a ciò che mangiamo e cerchiamo la qualità della filiera piuttosto che la quantità del prodotto», sottolinea Marco Culeddu.

Nel suo passato professionale, breve ma ricco di incontri, ci sono le collaborazioni con Gianni D’Amato (Caffè Arti e Mestieri), poi Emanuele Scarello (Agli Amici) e Michelangelo Mammoliti (La Madernassa). Esperienze intervallate sempre dalla conduzione diretta di cucine molto più semplici, popolari, di quartiere. Occasioni di crescita, soprattutto nel rapporto con il cliente e le esigenze logistiche più semplici: «Credo fermamente che il mio non sia un semplice mestiere. Sono passato da cucine molto semplici di paese fino a ristoranti stellati, dove il rigore la disciplina e la scienza in cucina si univano nel frutto di grandi piatti, penso che il mio ruolo sia anche quello di indirizzare con le mie proposte verso nuovi gusti ed abbinamenti senza per forza arrivare all’insolito ma cercando di migliorare quello che già la tradizione culinaria italiana ha da darci». Da qui la preferenza per «prodotti stagionali e fornitori sostenibili, in primo luogo per stare al passo con i tempi e in secondo luogo per una sorta di coscienza collettiva che va via via entrando sempre nel mio modo di essere: il mondo è uno solo, la terra è di tutti. Dobbiamo responsabilizzarci affinché tutto sia armonioso. Non solo a parole», afferma Marco Culeddu. Al ristorante in questo momento  vengono utilizzate diverse  tipologie di pesce, di cui, ovviamente, non si butta via niente: «In questo momento per esempio, abbiamo in carta una preparazione con pesce spada, uno dei pesci preferiti per l’estate, e con gli scarti andiamo a fare un paté che poi inseriamo in una piccola zucchina per poi renderlo un side dish», racconta lo chef.

Il rapporto più stretto con l’acquacoltura italiana arriva dal caviale: «Mi rifornisco proprio da un’azienda italiana del nord Italia, ormai siamo leader del settore ed io mi sento di dire che dopo averne assaggiati di vari tipi, c’è un perché ogni anno, vinciamo premi su premi. Il nostro storione è incredibilmente buono, ricordo un piatto dove abbinavo lo storione cotto dolcemente con burro di malga, abbinato a del semplice caviale, una salsa di pesce e zest di limone, semplicissimo ma da wow», conclude Culeddu.

Marco Culeddu
Marco Culeddu

RICETTA DI MARCO CULEDDU

Mosaico di branzino, zucchina in fiore, salsa al riccio di mare e traminer

Questo è uno dei piatti a base di pesce che in questo momento sono proposti all’Osteria del Guà. La ricetta è pensata per un tavolo di 6 persone e prevede la lavorazione di un branzino di 3,5 kg. De l pesce si utilizzano anche pelle e lische che diventano una vera e propria “mousse di scarti”.

PROCEDIMENTO

Dalla pulizia del branzino, ottenere due filetti dello stesso peso e farli marinare in sale e zucchero di canna in pari peso per 8 ore. Dopodiché, i filetti porzionati vengono spennellati con nero di seppia, sovrapposti e adagiati su un letto di bietole sbollentate in abbondante acqua salata.

Il tutto viene sigillato con la pellicola, creando in cilindro da mettere poi sottovuoto e cuocere in un bagno termostatico per 15 minuti fra i 53 e i 56° C. Raffreddato in ghiaccio e stabilizzato in frigorifero (8 ore). Il piatto viene accompagnato poi da una salsa ottenuta dagli scarti del pesce e impreziosita dal riccio di mare. Per la presentazione, lamine di zucchina e patisson leggermente sbollentati sul piatto, fetta di mosaico di branzino alta 1,5 cm, mousse ottenuta con gli scarti.

Una spolverata di alcune erbe di mare come salicornia e finocchio di mare doneranno ancora più sapidità al risultato finale. In sala al ristorante, si conclude con aggiunta di traminer e riccio di mare

Foto Copertina @Aromi Group

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