L’acquacoltura italiana è un’attività agricola che consiste nell’allevamento di organismi acquatici, come pesci, crostacei, molluschi e alghe, in ambienti controllati. Questa pratica può avvenire in bacini naturali (mari, fiumi e laghi) o artificiali (stagni, bacini e recinti). L’acquacoltura viene utilizzata sia per scopi alimentari, per la produzione di pesce e frutti di mare destinati al consumo umano, sia per altri scopi, come la produzione di esemplari per ripopolamento delle acque, l’industria cosmetica, la ricerca scientifica e l’acquariofilia.
L’acquacoltura italiana ad oggi conta circa 800 siti produttivi concentrati per il 60% al Nord, il 15% al Centro e il 25% al Sud, dove vengono allevate più di 25 specie ittiche. Il fatturato della piscicoltura italiana nel 2023 è stato di oltre 400 milioni di euro (solo pesci, non molluschi).
L’Italia è leader europeo e secondo Paese al mondo dopo la Cina, nella produzione di caviale di storione, con più di 65 tonnellate (2023) mentre il pesce più allevato è la trota: oltre 30.000 tonnellate e più di 280 milioni di uova embrionate. Seguono orata e spigola, con 17.000 tonnellate. L’Italia produce 160 milioni di avannotti di specie ittiche marine pregiate.
L’Associazione Piscicoltori Italiani (API) – riconosciuta con D.D. n°225 del 4 luglio 2013, come Associazione nazionale delle imprese di acquacoltura con personalità giuridica, organismo professionale di categoria, ha come scopo la tutela, lo sviluppo ed il consolidamento di tutte le attività di allevamento ittico sia in acque interne che in acque marine e salmastre.
L’Associazione promuove tutti gli interventi in campo economico, scientifico, tecnico, assicurativo, professionale, sindacale e legale che sono necessari per conseguire tale obiettivo.
Le aziende aderenti all’API rappresentano sia l’acquacoltura italiana d’acqua dolce, sia di acqua salmastra e marina, in vasche a terra o in mare aperto, e la vallicoltura. Rappresentano circa il 90% delle aziende di acquacoltura presenti in Italia
Foto Copertina @API