Acquacoltura Italiana – Dal Territorio alla Tradizione Gastronomica
Al cartoccio, alla griglia, con erbe fini oppure affumicata. Lavorata per ottenerne filetti, bocconcini, hamburger. O servita intera. La trota di acquacoltura del Trentino si presta a una miriade di usi in cucina. Merito di una qualità che gli è valsa la Certificazione IGP – estesa anche al salmerino – e che ora punta a (ri)conquistare i clienti; sia nel canale Horeca che in quello della Gdo.
Alla base, un territorio da sempre vocato a questa attività. «Fin dalla fine dell’800 in Trentino si è sviluppato l’allevamento di pesce d’acqua dolce sfruttando l’acqua di torrenti, laghi e sorgenti alpine. Un elemento essenziale per lo sviluppo di un pesce che predilige le acque fredde e cristalline», spiega Giorgio Foglio, proprietario dell’omonima azienda agricola fondata sul sito dove precedentemente era attiva una fucina con un maglio raffreddato ad acqua. Negli anni ’50, la svolta con l’introduzione, dal Nord America, della trota iridea che ha dato slancio all’allevamento e alla filiera di trasformazione. Che oggi deve tenere conto delle mutate abitudini di consumo dei clienti finali.
Alla ricerca di prodotti più sostenibili, infatti, i consumatori cercano sempre di più referenze del territorio alternativi a quelli importati. Ma spesso manca un’ampia scelta. Per questo, aziende come quella guidata da Francesco Armanini, hanno deciso di puntare sulla diversificazione: «Grazie a cinque allevamenti possiamo differenziare notevolmente la nostra offerta. Trota e salmerino dell’ acquacoltura del trentino rimangono le referenze principali, per un totale di 13mila quintali prodotti nel 2021, ma per andare incontro alle esigenze dell’Horeca abbiamo attivato anche allevamenti di altre specie, un impianto di trasformazione e un polo produttivo alla foce del fiume Sarca che funge da piattaforma di collegamento con i pescatori locali». Il risultato? Un’offerta di acqua dolce completa e destinata al canale Horeca. Dalla tartare al fritto passando per il ragù di lago, l’idea è quella di fornire «soluzioni flessibili e facili da lavorare, ma con un approccio artigianale alla materia prima che lascia spazio a successive interpretazioni degli chef e alleggerisce il carico di lavoro su brigate ridotte all’osso», spiega Armanini.
In generale, per quanto riguarda la fornitura di ristoranti e catering, il livello di pezzatura richiesto è 200-300 grammi per il pesce intero. Per l’industria di trasformazione, invece, ci si orienta verso pezzature più corpose, circa 400-500 grammi così da poterne ricavare i filetti serviti già lavorati. Per il salmerino, invece, la vendita avviene solitamente a pezzo interno, intorno ai 300-400 grammi per l’Horeca.
Nelle cucine professionali, oltre alla trota e al salmerino, dagli allevamenti del trentino arrivano anche le uova di trota. In Germania le uova di trota dell’ acquacoltura del trentino sono molto richieste come sostitutivo del caviale di storione, più costoso e complicato da ottenere. Un prodotto spesso ancillare rispetto alla produzione di uova embrionate, vero e proprio business model per alcune aziende. Fra queste, quella guidata da Alessandro Battocchi: «Commercializziamo soprattutto uova embrionate di trota iridea, ma in alcuni paesi vendiamo anche uova di Spartic, che sarebbe un incrocio di due salmerini, uova di trota Fario e di trota gialla, molto amata dai paesi dell’Europa dell’est. La produzione delle uova consiste nella spremitura manuale della femmina, la conseguente fecondazione e la fase di embrionatura, che dura a seconda della temperatura dell’acqua. Dopodiché, finita l’incubazione, si imballano le uova in casse apposite per essere spedite via aereo. A caratterizzare le uova embrionate trentine, una riconosciuta resistenza alle malattie che le rende ideali anche per allevamenti in acque meno limpide».
Oltre alle attività di allevamento e fornitura del prodotto lavorato o in embrione, l’acquacoltura trentina si è mossa anche a livello di ospitalità. Nello stabilimento di Storo, la famiglia Armanini per esempio ha aperto le porte a gruppi e scolaresche (dalle elementari all’alberghiero) per far conoscere il mondo che sta dietro al pesce di allevamento. «Anche i professionisti lo conoscono ancora poco. A volte per questo sono diffidenti, ma quando conoscono i metodi di allevamento cambiano idea. E magari ritornano come clienti per qualche degustazione», afferma Armanini. In particolare, all’interno dello stabilimento in questione, è stata ricavata una sala da 25-30 posti con una persona dedicata all’offerta gastronomica. Un format che riprende un po’ quanto sta succedendo nelle cantine con l’enoturismo. «Peccato che, al momento, con il pesce risulti ancora difficile proporre l’attività di vendita diretta di solito associata a queste attività di degustazione. Ma l’idea è quella di proporre un’esperienza più diretta con il cliente», conclude Armanini.
A giovarne sarebbe anche l’appeal turistico del territorio. Sebbene la trota e il salmerino siano prodotti ancora considerati di nicchia, il loro consumo è spesso trainato dagli stranieri in visita in Italia. “Soprattutto sul Lago di Garda, dove c’è una forte influenza della clientela turistica tedesca, riscontriamo un ritorno di moda di trota e salmerino. Soprattutto per il consumo del pesce affumicato. In futuro, anche a seguito di una ricerca di prodotti più sostenibili e se i costi lo permettono, penso sarà un trend nazionale», conclude Battocchi.