Acquacoltura nelle Lagune e Foce Marine – Vallicoltura

Le origini dell’Acquacoltura Sostenibile

Acquacoltura nelle Lagune e Foce Marine – Vallicoltura

La piscicoltura estensiva rappresenta una attività tradizionalmente radicata in molte zone costiere in Europa, dove allevatori, mediante una adeguata gestione dell’afflusso d’acqua di maree possono ottenere ingresso naturale degli avannotti. Anche se spesso si usa il termine generico “laguna“, esso comprende le tipologie più svariate ti questi ambienti: lagune, laghi costieri, stagni, sacche, zone deltizie, valli ed acque di transizione costiere in genere.

L’area mediterranea europea ospita circa 400 lagune costiere, su una superficie di oltre 641 000 ettari che differiscono sia per la tipologia che per l’uso.

La pesca e le varie forme di acquacoltura sono tradizionalmente svolte nelle lagune costiere del Mediterraneo fin dall’antichità e fanno parte del patrimonio culturale della regione. La tradizionale gestione della laguna legata all’acquacoltura sostenibile estensiva e all’attività della pesca ha contribuito, nel tempo, a preservare questi singolari ecosistemi, anche se oggi molte delle aree lagunari costiere stanno progressivamente scomparendo a causa di bonifiche e altri usi.

Le “valli da pesca” sono, tra le forme di allevamento estensivo in acque salmastre, forse le più pittoresche del Mediterraneo; si trovano nell’Alto Adriatico in Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia e Veneto: sono delimitate da terrapieni, e caratterizzate da lavorieri, canalizzazioni interne, vasche per la raccolta e lo svernamento del pesce. Con il termine “Vallicultura” si fa riferimento al tradizionale modello di gestione basato sulla sistemazione idraulica, dragaggio, valorizzazione della pesca mediante lo stoccaggio e la cattura del pesce, che nell’Alto Adriatico è stato sviluppato a partire dal VI secolo a. C. principalmente nelle foci dei fiumi Po e Adige.

La riduzione delle aree lagunari e degli stagni d’acqua dolce incominciò nel XIX secolo a causa di bonifica del suolo da parte dell’agricoltura dell’epoca che, nel contesto della Rivoluzione Industriale e del processo di urbanizzazione, era percepita come più redditizia della pesca e dell’acquacoltura. Dall’altra parte molte zone lagunari sono state conservate nel tempo grazie alla gestione tradizionale locale, salvaguardando in tal modo non solo attività economiche ma soprattutto la biodiversità.

Negli ultimi anni sono stati compiuti progressi costanti per comprendere la complessità ecologica di questi Habitat. Il fattore chiave della sostenibilità dell’allevamento estensivo in acque salmastre è la presenza di alghe e fanerogame che svolgono un ruolo importante per il funzionamento dell’ecosistema, fornendo un habitat funzionale e favorendo i processi biogeochimici. Le lagune sono ricche anche di comunità bentoniche (phytobentos e zoobenthos) che forniscono aree di riproduzione, alimentazione e crescita adeguate per diverse specie di pesci e crostacei, attirando anche centinaia di specie di uccelli.

La pesca artigianale e l’acquacoltura sostenibile hanno una tradizione millenaria in questi habitat e forniscono numerosi servizi ecosistemici; Un’ampia gamma di pratiche di gestione è stata mantenuta dalla tradizione che ha saputo adattarsi anche al contemporaneo approccio multifunzionale che integra la pesca e l’acquacoltura con il turismo, la conservazione della natura con delle attività ricreative coinvolgendo tutte le parti interessate, in particolare i pescatori e l’acquacoltori. Questi approcci tradizionali hanno mantenuto e certe volte anche ripristinato l’integrità ecologica delle aree costiere.

In conclusione, si può affermare che le attività di acquacoltura estensiva in acque salmastre, costiere e nelle lagune in Italia, Spagna, Portogallo, Francia e Grecia hanno storicamente contribuito alla conservazione di questi ambienti seminaturali.

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