Acquacoltura Giovane
Dal micro al macro, il percorso che avvicina Algaflag all’acquacoltura passa da piccoli passi che hanno l’ambizione di avere grandi impatti. Innanzitutto in termini di sostenibilità, sia ambientale che economica. Lo spiega bene Matteo Fiorindo, co-fondatore dell’azienda con una formazione ingegneristica alle spalle: «Io e i miei soci ci siamo approcciati alla produzione di microalghe come ingrediente per la mangimistica zootecnica. L’obiettivo è quello di sostituire, almeno parzialmente, l’olio di pesce nell’alimentazione ittica riducendo il ricorso alla pesca selvatica. Le microalghe, che noi sviluppiamo attraverso un processo di fotosintesi, hanno infatti contenuti simili di Omega 3; elemento che, peraltro, in natura i pesci accumulano proprio cibandosi di microalghe».
Sebbene il progetto sia in fase prototipale (con orizzonte 2024-25 per la sperimentazione in mare aperto), la strada è tracciata e si inserisce nel solco di un trend globale che punta a sviluppare ingredientistiche alternative per il consumo animale. In Usa e Brasile, infatti, sebbene con metodi diversi che prevedono la fermentazione in impianti industriali, la produzione di microalghe è già in fase avanzata (come testimoniano player del calibro di Veramaris e Corbion). Per quanto riguarda Algaflag, «lavoriamo sulla realizzazione di fotobioreattori galleggianti: sistemi isolati dall’esterno in cui inseriamo le microalghe, l’acqua e i micronutrienti necessari per la loro crescita. Al temine del periodo di crescita effettuiamo il raccolto e lo processiamo in base alla richiesta del cliente: alga viva tal quale per produttori di semi di vongola o avannotti di specie ittiche marine per esempio; oppure, nel caso dell’acquacoltura più tradizionale realizziamo un olio di microalghe sostitutivo dell’olio di pesce», afferma Fiorindo.
A medio-lungo termine, l’idea non è solo quella di gestire questi impianti di coltivazione ma anche di affittarli o venderli a chi è già in possesso di concessioni marine. Un po’ perché hanno già l’attrezzatura per le operazioni in mare aperto, un po’ perché così si integra e completa il processo produttivo. «Di fatto – aggiunge Fiorindo – puntiamo a offrire una nuova linea di business ai piscicoltori. In questo modo si riuscirebbe a creare un circolo virtuoso che, da un lato, potrebbe alleggerire i costi di approvvigionamento delle aziende mentre, dall’altro, potrebbe spingere queste ultime a consorziarsi per creare quelle economie di scala necessarie ad aumentare i volumi e i valori». Un aiuto importante per le imprese di minori dimensioni, che magari utilizzano ancora dei metodi artigianali, e per quelle più esposte ai cambiamenti climatici. Ma lo è anche per quelle di dimensioni maggiori alla ricerca di investimenti (anche internazionali) per crescere e che, per essere erogati, necessitano delle giuste garanzie in termini di sostenibilità ambientale.
Per far sì che queste prospettive si trasformino in realtà, Algaflag si appoggia per la ricerca scientifica all’Università di Padova, dove sono addirittura presenti due gruppi di ricerca sul tema, e ad alcuni partner strategici come i produttori di mangime veneti, friulani ed emiliani. Basta così? Fino a un certo punto: «Parallelamente, bisogna portare avanti una campagna di sensibilizzazione sul tema. Attualmente, le microalghe sono ancora viste come un prodotto alternativo per l’alimentazione umana, ma il loro uso in acquacoltura potrebbe avere una portata maggiore», rivela Fiorindo. Soprattutto in un momento come quello attuale, nel quale alla crescita della popolazione umana, si avverte anche un sempre maggior interesse per la sostenibilità al centro delle scelte del consumatore, sempre più consapevole della filiera a monte di ciò che mangia, ma che ancora oggi non ha ben chiaro l’impatto di alcune sue scelte, tanto che «si sente ancora dire “preferisco il pesce pescato perché è più sostenibile”».
Foto Copertina @Algaflag