Casa Leali, pesce di lago (anche allevato) protagonista nel piatto

Acquacoltura Giovane

Per uno chef nato sul Lago di Garda, il pesce è un ingrediente quotidiano. «Il primo ricordo del pesce in cucina coincide con il sapore degli spiedini di gamberi sulla griglia che facevo con mia mamma da piccolo. Ne andavo ghiotto», racconta Andrea Leali, dal 2016 chef e gestore insieme al fratello Marco del ristorante Casa Leali a Puegnago del Garda (BS)premio 3 Cappelli 2022 Guida de L’Espresso – e Osteria Pijei a Salò (attività rilevata dai genitori). Nel menu del ristorante, che ha sede in una costruzione che risale al ‘400, non mancano il salmerino e la trota fario ma risalta anche il luccio e sono presenti diverse portate a base di merluzzo; ovviamente spesso accostati a olio di oliva e limone, gli altri due ingredienti per antonomasia del territorio. Proposta gastronomica che, dal 2016, racconta anche il lavoro di selezione all’ombra del Monte Baldo: «La differenza fra pesce allevato e selvatico risiede soprattutto nella texture della carne e nella percentuale di grasso», afferma Andrea Leali.

Derimerla è il compito dello chef. «Il cliente si affida molto a noi, grazie al rapporto di fiducia e rispetto del nostro lavoro, in cui è compresa la ricerca e la selezione delle materie prime. Per noi è importante la sensibilità e l’esperienza visiva e il controllo qualità al momento dell’acquisto, aggiunge il cuoco classe 1993. Non sorprende, dunque, che il rispetto della stagionalità sia un mantra nella cucina e nei menu del ristorante. Per sostenerla, la brigata dei fratelli Leali fa riferimento a fornitori locali, capaci di esprimere le eccellenze del territorio in quella che è ormai definita la “Nuova cucina Gardesana”. Si tratta di un mix fra la cucina bresciana e le tradizioni lacustri, anche se rielaborate e presentate con sapiente estro. Per il pesce, «ordiniamo circa 30 kg di prodotto a settimana, un consumo medio-piccolo quindi. Tendenzialmente usiamo tutte le parti dei pesci per farne diverse lavorazioni». Niente va sprecato.

Un messaggio di sostenibilità applicata che rilancia la figura del cuoco professionista come avanguardia delle abitudini alimentari. «Noi abbiamo la fortuna di assaggiare, comprare, preparare e raccontare cibo ogni giorno, quindi abbiamo sicuramente delle acutezze nel riconoscere il bello e il buono a colpo d’occhio. Chiaro che non è un’equazione sempre così precisa, però sì abbiamo sicuramente il vantaggio di assorbire tutte le sfumature positive e negative della materia prima, quindi il nostro bagaglio è molto completo e quando si tratta di scegliere abbiamo più esperienza di una persona “comune”». Ecco allora qualche consiglio per non sbagliare nella scelta del pesce: «La branchia parla più dell’occhio. Certi occhi sono opachi di natura. La branchia, invece, deve essere rossa e ricca di muco, il pesce deve essere turgido e sodo e profumare, non deve avere odori sgradevoli.  Non tutti i pesci si adattano a tutte le cotture quindi o ci si affida a un esperto pescivendolo o a uno chef oppure io suggerisco sempre di comprare un libro sul pesce. Io sono uno chef autodidatta e ho imparato davvero tanto leggendo tantissimi, ma tantissimi libri per poi creare una cucina che sia mia», ha rivelato Andrea Leali.

Andrea Leali
Andrea Leali

RICETTA DI ANDREA LEALI

Trota fario semi-cotta, anice e rafano.

Piatto realizzato utilizzando il filetto di una trota fario; lische e pelle comprese. Il filetto viene prima fatto marinare per 5 ore e poi cotto a 55° per 25 minuti, da qui la sua particolare consistenza. Insolito l’abbinamento con il rafano, una sorta di cren con latte e panna. Tutto da impiattare a piacimento.

PROCEDIMENTO

Da una trota fario intera, ricavare un filetto, deliscarlo e farlo marinare per 5 ore in sale e zucchero. Successivamente, cuocerlo per 25 minuti a 55° C. Nel frattempo preparare la salsa di rafano mettendo rafano fresco, latte, panna e un pizzico di sale in una busta sottovuoto da lasciare in infusione per un’ora a 70° C.

Con le lische precedentemente ottenute, si prepara un brodo. Passaggi chiave sono la tostatura delle lische in forno e la successiva riduzione del brodo (simile a una glassa).

Ultimo tocco: l’infusione di 3 grammi di anice che sarà tolta prima del servizio. Per guardine il piatto, si può utilizzare la pelle della trota seccata in forno e soffiata in olio bollente. Per la presentazione finale, anche delle uova di trota a completare il piatto.

Foto Copertina @Aromi Group

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