Dall’articolo di Donatella Percivale – Corriere della Sera – Pianeta 2021 – 15 marzo 2021
Italia leader nella Acquacoltura Sostenibile – 15 marzo 2021
L’uso degli antibiotici per combattere focolai di malattie negli impianti di acquacoltura del nostro Paese è molto dibattuto. E’ giusto curare i pesci che si ammalano all’interno delle vasche con gli antibiotici? Oppure è possibile farne a meno? Andrea Fabris, medico veterinario e direttore dell’Associazione Piscicoltori Italiani non ha dubbi: «Gli antibiotici sono l’ultima spiaggia: si utilizzano esclusivamente in caso di patologie particolari e vengono prescritti agli avannotti, ovvero i pesci nella fase di allevamento dei giovanili. In Italia ci sono impianti di acquacoltura che non vedono antibiotici da decenni».
L’assenza di uso di sostanze tossiche e la riduzione di antibiotici nei pesci allevati in acquacoltura è garantita dai numerosi monitoraggi, eseguiti da organi di controllo sia pubblici che privati, tra i più scrupolosi e severi al mondo. «Nelle nostre aziende l’attività di gestione sanitaria, di biosicurezza e di movimento dei pesci, è fondamentale – commenta Fabris -. I pesci allevati sono monitorati lungo tutta la filiera secondo una tracciabilità ‘from farm to fork’, dall’allevamento al piatto. Ricordiamoci che il pesce è ciò che mangia, e quello allevato grazie al controllo costante delle materie prime offre le migliori garanzie. Dare antibiotici ai pesci non favorisce la loro crescita così come non migliora le performance».
Nel confronto con gli altri sistemi di produzione animale, l’acquacoltura risulta il sistema di produzione più efficiente (FAO, 2018) per uso di risorse (acqua, suolo, energia) ed oggi rappresenta il sistema con la più bassa impronta ambientale: «Il prodotto italiano presenta aspetti qualitativi d’eccellenza in termini di sicurezza — assicura Fabris —. L’acquacoltura porta un beneficio reale sulla conservazione delle risorse ambientali e influisce positivamente sulla protezione e mantenimento degli habitat, contrastando il depauperamento delle risorse ittiche. Le nostre aziende hanno adottato disciplinari specifici con registrazioni per i vari tipi di pesce e bacini e, grazie alla ricerca e ai finanziamenti Ue, i mangimi sono sempre più rispondenti alle esigenze del pesce e meno impattanti».
L’API, che rappresenta circa il 90 percento degli allevatori di pesci a livello nazionale, lavora con una miriade di microimprese sempre più paragonabili a piccole sentinelle ambientali. «Se in un nostro impianto dovesse verificarsi uno sversamento, ci accorgeremmo immediatamente che c’è qualcosa che non funziona. Grazie anche al Piano nazionale residui del Ministero della Salute, sono anni che nelle nostre acque non si trovano più residui. L’obiettivo adesso è quello di puntare alla formazione: più l’allevatore sarà in grado di adottare buone pratiche e più la nostra salute – e la nostra tavola – potranno giovarne».
Italia leader nella Acquacoltura Sostenibile