Progetto Acquainnova
In un convegno presso il Dipartimento di Scienze AgroAlimentari, Ambientali e Animali dell’Università degli Studi di Udine è stato presentato il progetto a cui collaborano l’istituto universitario e CIHEAM Bari con il sostegno del Ministero dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste (Masaf). Obiettivo:valutare l’impatto di mangimi composti in parte da fonti proteiche alternative quali la farina di insetti sulla crescita, il benessere e la sicurezza dei pesci allevati secondo i principi definiti dal Disciplinare “Acquacoltura Sostenibile” del SQN (Sistema di Qualità Nazionale zootecnica).
Udine 14 giugno – Con l’obiettivo di approfondire la ricerca sulle proteine animali alternative per la mangimistica in acquacoltura, CIHEAM Bari e Università degli Studi di Udine hanno unito le forze per il progetto Acquainnova. Partito il 9 febbraio 2023 è stato presentato al pubblico il 14 giugno durante un workshop dal titolo Verso una nuova generazione di mangimi sostenibili per l’Acquacoltura: il progetto Acquainnova che ha riunito una sessantina di presenti fra allevatori, esperti e produttori di mangimi presso il Dipartimento di Scienze AgroAlimentari, Ambientali e Animali dell’ateneo friulano.
Il progetto, che ha ottenuto anche il sostegno del ministero dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste (Masaf) e si inserisce all’interno delle iniziative legate al FEAMP (il Fondo europeo per la politica marittima, la pesca e l’acquacoltura), si pone l’obiettivo di sviluppare «la sperimentazione di mangimi innovativi, inclusivi di ingredienti conformi ai principi della bioeconomia circolare tra i quali le farine di insetti, al fine di valutarne le ricadute in termini di sostenibilità di ingredienti alternativi rispetto a quelli utilizzati nella formulazione tradizionale nell’ambito dell’acquacoltura», ha sintetizzato il dott. Fabrizio De Castro del CIHEAM di Bari. A fronte di una crescente richiesta di prodotto ittico, infatti, quello da allevamento entro il 2023 supererà i 109 milioni di tonnellate di produzione a livello globale arrivando a coprire il 59% dell’offerta. Di pari passo, quindi, aumenterà anche la richiesta di mangimi per produrlo a loro volta legati alla filiera agroalimentare.
Per trovare una soluzione alla necessità di ridurre ulteriormente la dipendenza da materie prime di origine marina, il progetto Acquainnova riprende le fila di due iniziative precedenti: i lavori che hanno portato alla Certificazione secondo il Disciplinare Acquacoltura sostenibile e i risultati del progetto Ager2-Sushin. Nel primo caso, si fa riferimento alle azioni e agli approfondimenti che, nel 2020, hanno portato alla nascita
di questo “marchio” di sostenibilità, ossia l’attenzione per l’ambiente, la società e le performance economiche delle imprese del settore. «Dal punto di vista ambientale, per esempio – afferma Andrea Fabris, direttore di API – Associazione piscicoltori italiani, fra i promotori della certificazione – viene posta un’attenzione particolare all’uso di risorse sostenibili che favoriscono il benessere animale oltre a fornire una valutazione dell’impronta ambientale della fase di produzione. Detto diversamente, l’azienda che mira al bollino di qualità deve dimostrare un’attività di implementazione progressiva del Pef (Product Environmental Footprint – Impronta ambientale dei prodotti) e di miglioramento dell’impronta carbonica (relativa a CO2) in fase produttiva. Allo stesso modo devono essere rispettati i parametri sullo smaltimento dei rifiuti. Mentre per l’ambito sociale bisogna dimostrare che c’è un’integrazione con la comunità in cui ha sede l’azienda, la filiera di riferimento e gli istituti universitari e di ricerca. Infine, in termini di sostenibilità economica, il protocollo premia la formazione continua dei dipendenti e gli accordi con gli altri attori della filiera per la fissazione di prezzi minimi di scambio».
Tutti ambiti che richiamano le sperimentazioni triennali di Sushin (acronomimo di SUstainable fiSH feeds INnovative ingredients), che hanno coinvolto 7 partners tra atenei e istituti di ricerca coordinati dall’Università di Udine. Lo scopo era quello di ricercare nuove formulazioni per mangimi destinati alle principali specie ittiche allevate in Italia (in particolare, spigola, trota e orata) alimentate con farine di insetti, crostacei, micro-alghe e sottoprodotti della macellazione avicola. I ricercatori hanno analizzato il valore nutritivo dei nuovi alimenti e di una nuova generazione di mangimi che li includono, monitorando la crescita dei pesci allevati, il loro benessere, la qualità e la sicurezza sanitaria dei pesci ottenuti. «Sushin ha già dimostrato che la transizione verso l’utilizzo di proteine alternative è percorribile. A fronte di una crescita del consumo ittico e dell’acquacoltura è essenziale valutare la sostenibilità del ciclo produttivo, soprattutto in un’ottica di competizione sulle materie prime tradizionali, spesso appannaggio del consumo umano o di altri allevamenti zootecnici», ha spiegato la dott.ssa Gloriana Cardinaletti dell’UniUD.
Con il Progetto Acquainnova quindi il mondo dell’acquacoltura tenta di fare un ulteriore passo in avanti lungo il percorso tracciato dall’agenda ONU 2030. «Questa attività di ricerca è in piena sintonia con il processo di transizione ecologica che sta affrontando la nostra società. Il Paese e le comunità chiedono risposte concrete. Per questo ritengo che l’approccio di Aquainnova possa portare a delle ricadute positive anche per altri comparti», ha affermato il prof. Edi Piasentier, direttore del Dipartimento Di4A dell’Università di Udine. Dello stesso avviso anche il dott. Biagio di Terlizzi, direttore aggiunto CIHEAM Bari: «Qualche mese fa abbiamo colto l’opportunità di collaborare insieme. Il tema dell’utilizzo degli insetti sembrava ancora lontano, ma in poco tempo è arrivato anche all’attenzione del mercato e degli utilizzatori intermedi e finali. Per l’acquacoltura potrebbe essere uno strumento di competitività e sviluppo, non solo in Italia».
Foto Copertina @API