Acquacoltura Giovane
Presente con le sue certificazioni in 90 paesi a livello globale, per un totale di 1.970 allevamenti coinvolti e oltre 27mila prodotti contraddistinti dal suo marchio sugli scaffali dei punti vendita della distribuzione alimentare, ASC (Aquaculture Stewardship Council) è un’organizzazione non governativa impegnata a favorire un’acquacoltura sostenibile, rispettosa dell’ambiente, garantendo una filiera tracciata dalla produzione del mangime alla vendita al dettaglio. Un’attività che concorre a definire quello che si intende per benessere animale, dato che «non c’è alcuna definizione universale che possa calzare a pennello», afferma Meritxell Diez-Padrisa, Fish Health and Welfare Standards Manager di ASC.
Quali sono, dunque, i fattori presi in considerazione da ASC nella definizione di benessere animale?
Secondo l’organizzazione, ci sono alcuni elementi imprescindibili che vanno presi in considerazione: gli interessi etici e sociali; la percezione individuale e soggettiva dell’animale, nonché il suo stato fisico ed emozionale; la risposta cosciente e comportamentale agli stimoli sensoriali; la multidimensionalità del concetto stesso di benessere animale. In questo senso, per esempio, vanno tutte le definizioni basate su concetti naturali, funzionali e sensoriali così come il concetto delle “Cinque libertà” (formalizzati nel 1979 in Gran Bretagna, ndr). Un altro riferimento in linea con quanto detto è la definizione data dalla World Organisation for Animal Health secondo cui il benessere animale è lo stato fisico e mentale di un animale in relazione alle condizioni in cui vive e muore.
Più nel dettaglio, cosa prevede il Farm Standard promosso da ASC?
Si tratta di un protocollo che, prendendo in considerazione la salute e il benessere dei pesci, permette agli allevatori di monitorare e valutare continuamente i loro sistemi di allevamento e lo stato delle specie ittiche. Piuttosto che fissare dei parametri generici che rischierebbero di non riflettere la varietà delle produzioni, ASC ha quindi deciso di stabilire una serie di macro-pratiche su cui gli allevatori possono costruire il proprio approccio specifico (FHWMS – Fish Health and Welfare Management Systems, ndr) con la supervisione di un veterinario. Si tratta di vere e proprie azioni quotidiane che tengono conto di alcuni indicatori chiave definiti Operational Welfare Indicators (OWI): la qualità dell’acqua, la morfologia, il comportamento e la mortalità di una specie. La frequenza e il livello di dettaglio con cui questi parametri vengono controllati cambia da pesce a pesce, in base al tipo di allevamento e alla fase del ciclo di vita in cui si trova l’animale.
Che effetto ha questa attenzione sul mercato dei prodotti provenienti da acquacoltura?
Il benessere dei pesci è un fattore chiave per una produzione sostenibile e responsabile che, a sua volta, ha diversi benefici: migliore salute del pesce, minori livelli di stress, minore esposizione alle malattie, mortalità ridotta, performance di crescita migliorata, maggiore qualità del prodotto finale in aggiunta ad una sua più diffusa accettazione a livello sociale. Sintetizzando, possiamo dire che più l’industria dell’acquacoltura si impegna sul fronte del benessere animale, maggiori saranno le possibilità di penetrare il mercato e incontrare il favore dei clienti finali.
Ma i consumatori sono pronti a questo scatto in avanti?
Penso che soprattutto le nuove generazioni siano più propense a considerare il benessere animale come fattore per le loro scelte di acquisto. Nel mondo in cui viviamo oggi è impossibile non considerare l’impatto che le azioni umane stanno avendo sul nostro pianeta. Questo ha portato i consumatori ad assumere atteggiamenti più critici sull’origine e la provenienza dei prodotti. A questo si aggiunge anche una maggiore sensibilità in tema di sicurezza alimentare, anche grazie allo spazio che sta avendo sui media. In questo senso, le certificazioni possono essere un aiuto nel momento dell’acquisto. L’importante è che non si riducano a semplici marchi ma siano il risultato di un processo scientifico, trasparente e dimostrabile.
È per questo che ha deciso di dedicarsi, professionalmente, al mondo delle certificazioni?
Ho una formazione accademica in veterinaria alle spalle e, sebbene il mondo delle certificazioni non sia il primo sbocco professionale a cui normalmente si potrebbe pensare, ASC mi ha dato la possibilità di mettere le mie capacità e le mie esperienze pregresse al servizio di un’organizzazione che ha un impatto trasformativo sul mondo dell’acquacoltura. Dopo 13 anni come veterinaria in allevamenti di salmoni e diverse specie marine mediterranee, ho sentito che la mission di accompagnare il settore lungo un processo di responsabilità sociale e sostenibilità ambientale toccava alcuni valori personali in cui credo molto. D’altronde, fin da giovane, dopo la laurea all’Università autonoma di Barcellona, ho sempre pensato che il mio lavoro fosse quello di aiutare a sfamare il mondo e l’acquacoltura è l’unico metodo sostenibile che conosca.
Foto Copertina @ASC