Acquacoltura Italiana – Dal Territorio alla Tradizione Gastronomica
Fin dal Rinascimento, lo storione è stato considerato un pesce di lusso. Non per le sue uova, ma per la sua polpa: bianca, magra, ideale per una cottura tradizionale o da affumicare, ricca di Omega 3 e 6. La pesca indiscriminata e la rarefazione degli esemplari selvatici ne ha fatto dimenticare il consumo. Ma le ricette non mancano.
Fino al Rinascimento, anche per gli italiani la carne di storione era un piatto pregiato. A dirlo sono i ricettari e le testimonianze dell’epoca in cui il pesce veniva consumato non solo per le sue uova ma anche per il sapore della sua polpa. Poi la pesca selvaggia, l’industrializzazione del territorio e il passaggio gastronomico-culturale al pesce di mare ha fatto sì che lo storione sparisse non solo dai libri di cucina ma anche da molte acque e fiumi italiani cadendo così nel dimenticatoio. A rinnovarne la memoria, gli allevatori che fanno parte di API – Associazione Piscicoltori Italiani che, soprattutto dalla fine degli anni ’90 in poi hanno preso le redini del mercato della carne e delle uova di storione facendo rinascere un’eccellenza italiana frutto di artigianalità e tracciabilità “da uovo a uovo” uniche nel suo genere.
La svolta è arrivata nel 1998 quando la Cites (Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione) mette uno stop al sistema della pesca selvatica abbandonando anche il sistema delle quote con cui si era cercato di mettere un freno alla rarefazione degli storioni presenti in natura. Una scelta che ha spinto l’acquacoltura legata a questa specie di pesce. Tanto che, ad oggi, «la stima è di 950 tonnellate di produzione di carne di storione. La metà deriva dall’allevamento dello storione Trasmontanus la cui carne viene commercializzata sotto forma di filetto o comunque lavorata. L’altra metà è composta dagli storioni dell’allevamento per il caviale; che in tutto arriva a 55 tonnellate di prodotto all’anno facendo dell’Italia il secondo produttore mondiale dietro alla Cina», ricorda Giancarlo Ravagnan, consigliere di amministrazione di Agroittica Lombarda. Peccato che, nel frattempo, delle tre specie autoctone italiane, su 25-27 totali a livello globale, ne sia rimasta solo una, lo storione Cobice. Le altre due, lo storione Comune e lo storione Huso Huso o Beluga, sono scomparse dalle acque della penisola. Un fenomeno che si è riscontrato anche in altre aree vocate alla pesca dello storione come il Mar Caspio, il Mar d’Azov e il Mar Nero. Nonostante ciò, il nostro Paese può dirsi a tutti gli effetti la patria dello storione. E questo grazie a una morfologia (con la catena Alpina da cui sgorgano acque pure e cristalline che si riversano poi nel letto di fiumi e torrenti) e a un clima (essenzialmente mite) che rendono la produzione di storione attiva tutto l’anno.
Non sorprende, dunque, che in queste condizioni siano state attivate anche delle azioni per garantire la sopravvivenza dello storione Cobice attraverso la sua salvaguardia e reimmissione nelle acque libere. Protagonista è stata, fin dalla fine degli anni Ottanta, la famiglia Giovannini: «Il sogno di noi allevatori è quello di potere, un giorno, rivedere libere in acqua tutte e tre le specie autoctone italiane. D’altronde, il primo effetto della sostenibilità dell’allevamento dello storione in acquacoltura è proprio quello di proteggere gli esemplari selvatici. Ad oggi, tutta la carne di storione e il caviale commercializzato arriva da produzione in acquacoltura», sottolinea Sergio Giovannini, terza generazione alla guida di Storione Ticino. Nel frattempo, per quanto riguarda il mercato della carne, è lo storione Transmontanus a farla da padrona: «È una delle specie più apprezzate per la carne che risulta magra, bianca, molto bella dal punto di vista visivo con una texture simile alla carne di vitello. Chi non lo conosce e lo assaggia per la prima volta ne rimane stupito. Certo, bisogna cercalo. Nella grande distribuzione, per esempio, ci sono allevatori che da 30 riforniscono le catene di supermercati ma ancora faticano a fare breccia nei consumi degli italiani. Anche per una mera questione economica: allevare lo storione non è facile, non si può improvvisare una produzione di massa, i costi di avviamento sono alti e la domanda non è così forte», ricorda Giovannini.
Eppure, i vantaggi non mancano. Ricca di Omega 3 e Omega 6, la carne di storione è naturalmente priva di lische. Caratteristica che la rende ideale per un consumo dedicato alle fasce più delicate della popolazione, come anziani e bambini. Non sorprende, quindi, che molto del consumo di carne di storione avvenga nella ristorazione collettiva, ossia le mense. Più difficile, invece, trovarlo nel canale Horeca. A cimentarsi sono soprattutto i ristoratori del Nord Italia, dove è storicamente diffuso l’allevamento dello storione. Per quanto riguarda le preparazioni, tutto dipende dal tipo di carne utilizzata che può essere sinteticamente suddivisa in “carne bianca” e “carne gialla”. «Si tratta di una suddivisione volgare – precisa Ravagnan – al pari di “pesce bianco” e “pesce azzurro”, ma aiuta a distinguere un prodotto con più o meno grasso. Il primo tipo è più adatto a una cottura tradizionale, mentre il secondo tipo è consigliato per l’affumicatura». In ogni caso, prima di cucinarla, la carne di storione va frollata al pari di una fiorentina.
In epoca Rinascimentale, invece, oltre alla carne era diffuso anche il consumo del quinto quarto dello storione. «Nelle zone costiere, soprattutto quelle alla confluenza di fiume e mare, come può essere la zona di Ferrara, i pescatori erano soliti consumare le interiora del pesce selvatico, ossia quel che restava dopo la commercializzazione della carne e delle uova. Ma, in generale, lo storione era considerato già nel 1200 un prodotto di lusso sui mercati veneziani con quotazioni fino al 30% superiori rispetto alle altre specie», racconta Mario Pazzaglia, esperto e consulente di storionicoltura. Insomma, nella tradizione gastronomica italiana manca un riferimento alla cucina popolare dedicata allo storione. Dettaglio che rappresenta un trait d’union con il presente dove, però, sono le uova di storione (ossia il caviale) a farla da padrona.